STORIA DEI GIUBILEI, parte 3: I giubilei quattrocenteschi. Arte, denaro, stercore, spurcitia et pediculis

Sisto IV

di Marco Ottanelli

Come abbiamo detto nella seconda puntata della Storia dei giubilei, il Grande Scisma si era concluso con il Concilio di Costanza e l’elezione di Martino V nel novembre 1417. La chiesa cattolica doveva ricucire le drammatiche divisioni interne e riposizionarsi in Italia ed in Europa.

La situazione geo-politica, dopo lo scisma e tra guerre infinite, era di estrema delicatezza, al punto tale che, prima di giungere a Roma il 30 settembre 1420, il Papa e la sua corte si soffermarono a Pavia, a Milano, a Mantova e soprattutto a Firenze, che, per quasi quaranta anni, fu il vero fulcro della intera politica mondiale e nel quale periodo, grazie alla vicinanza con la corte papale, i Medici assunsero quel potere che li vedrà protagonisti per i successivi tre secoli.

Come nota di curiosità storico-religiosa, è da ricordarsi come l’ultimo degli antipapi, Giovanni XXIII, che era stato a suo tempo “patrocinato” proprio dal ricco banchiere Giovanni de’ Medici, e che era stato fatto arrestare da Martino, dopo essere fuggito in Liguria, si recò proprio a Firenze e si gettò ai piedi del Pontefice legittimo. Questo gesto non solo gli salvò la vita, ma gli mantenne libertà, cariche vescovili e cardinalizie, onori e gloria eterne, tanto è vero che alla sua morte (a dire il vero quasi immediata) venne inumato nel tempio fiorentino del Battistero, dove ancora oggi si può ammirare lo splendido monumento sepolcrale eseguito nientemeno che da Donatello e Michelozzo, i massimi architetti e scultori del momento, con l’epigrafe che lo ricorda proprio come Giovanni XXIII (anche se poi il nome venne riassunto da Roncalli nel 1958).

Tutto il secolo vide alternarsi momenti di forza e di debolezza della Chiesa, e l’affermarsi di Firenze come centro politico, artistico, diplomatico dell’intero continente (vi risiedettero per anni almeno tre papi). Il 1400 è il secolo del rinascimento, dell’umanesimo, della cultura, delle scoperte, della bellezza e della ricchezza, ma al contempo è anche il secolo delle crudelissime guerre che continuano ad insanguinare l’Europa da ovest (la reconquista spagnola) al centro (ancora la guerra dei cent’anni, e lo scontro tra angioini ed aragonesi), nei Balcani (conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi), ma, forse soprattutto, è il secolo delle laceranti guerre continue, con continui cambiamenti di fronte, tra le repubbliche e signorie italiane, che si dissanguano in una costante paura che una di loro possa prevalere, per finire poi tutte prede delle potenze straniere.

Il Giubileo del 1425.

Come spiegato nella precedente puntata di questa serie, l’ultimo giubileo era stato celebrato senza essere indetto nel 1400, ma il vero anno santo di riferimento era quello del 1390; datosi che la regola imponeva trentatré anni tra l’uno e l’altro, il nuovo giubileo fu indetto nel 1423, ma si concretizzò solo due anni dopo. La crudelissima guerra che opponeva il Ducato di Milano, di Filippo Maria Visconti, a Firenze e Venezia sostanzialmente bloccò i pellegrini italiani, mentre giunsero a Roma molti stranieri d’oltralpe, pellegrini di tipo alquanto rustico, a quel che racconta il raffinato umanista fiorentino (e segretario di Martino V) Poggio Bracciolini: “l’affluenza dei pellegrini fu grande e, come inondazione di barbari, riempirono la città di sporcizia e sudiciume, stercore, spurcitia et pediculis”, e ovviamente scoppiò un’epidemia di peste che di quei pellegrini ne ammazzò un bel po’.

E da sozzume, pidocchi e peste non li salvarono neanche le prediche calorose e fanatiche di Bernardino da Siena, poi santo, che giunse nell’Urbe a galvanizzare il popolo dei fedeli, molti dei quali, tedeschi, ungheresi, francesi, non capivano neanche quel che dicesse Bernardino cominciò proprio in questo periodo una spietata e maniacale campagna contro le streghe, vantandosi del fatto che a Roma, dove nessuno pareva averne mai sentito parlare, dopo le sue prediche, ne furono denunciate moltissime.

Talmente tante erano le denunce, nel clima di isterismo misogeno scatenato dal senese, che egli si consultò col Papa per decidere che fare, e si convenne di “prendere solo le streghe maggiori”, cioè quelle “che peggio avessero fatto”; alcune di queste disgraziate furono mandate al rogo, perché secondo il senese, esse, in accordo col diavolo, si tramutavano in gatte (o almeno si sentivano gatte, non cambiando il corpo loro) e andavano di notte a succhiare il sangue ai bambini, uccidendoli.

Interessante dal punto di vista dottrinale fu il conflitto con la chiesa (ancora cattolica) d’Inghilterra, che aveva indetto, nel 1420, un “Giubileo di Thomas Becket” dedicato al vescovo ucciso nel 1118 nella Cattedrale di Canterbury, giubileo che già si celebrava da alcune edizioni e che prevedeva l’indulgenza per chi fosse andato in preghiera in detta cattedrale. Ebbene, Martino V, nella sua forte volontà accentratrice post-scismatica, emise una bolla nella quale richiamava il clero inglese alla obbedienza, lo ammoniva riguardo al loro giubileo in programma, annullandolo immediatamente, e, in quanto unico detentore, come successore di Pietro, del potere di concedere indulgenze, proibì ogni simile rito o manifestazione in ogni altra località fuori da Roma (decisione incredibilmente e completamente opposta alla “delibera” di Papa Francesco che invece ha concesso una Porta Santa – o più – per ogni diocesi del mondo)

Il giubileo del 1450. 

Questo può essere considerato il primo vero Giubileo Straordinario, dopo quelli… estemporanei che non rispettavano le scadenze previste. Fu Papa Niccolò V ad indirlo, per celebrare l’unità dottrinale della Chiesa, con otto anni di anticipo sui tempi previsti. Nonostante conflitti, assedi e compagnie di ventura, la manifestazione fu un grandissimo successo da ogni punto di vista, tanto che quel 1450 venne chiamato “l’anno d’oro”.

Le finanze pontificie, la cui tesoreria era stata affidata all’abilissimo Cosimo de’ Medici, incasseranno un’enorme quantità di denaro (che venne in gran parte speso nel miglioramento e nella monumentalizzazione di Roma), ma non fu solo lo Stato a guadagnarci: secondo le numerose testimonianze, l’enorme afflusso di genti da ogni dove riversò sulla città ingentissime ricchezze: “Le arti che fecero assai denari furono queste, cioè la prima quella dei banchieri, gli speziali e i pittori del Volto Santo (venditori di reliquie e, oggi si direbbe, souvenir); questi fecero grande tesoro; poi le osterie e le taverne”. E a tal proposito, si avviò un’economia fatta di abusivi e profittatori: dato che “Venne tanta gente che in Roma non se poteva stare et ogni casa era albergo e non bastava”, “Erano in Roma hosterie 1022 che tengono insegna [quindi con licenza, legali], e senza insegna anche un grande numero [appunto, abusive]”; “I Romani tutti erano fatti albergatori per guadagnare disordinatamente, potendo lasciare avere abbondanza e buono mercato di ogni cosa, mantennero [appositamente] carestia di pane e di vino e di carne tutto l’anno”; non solo: “I Romani frodavano il macello mescolando e vendendo con sottili inganni mala carne con la buona”1.

Durante il Giubileo, venne santificato quel Bernardino da Siena, morto appena sei anni prima, che con le sue feroci invettive aveva scatenato la caccia alle streghe, ai sodomiti e agli ebrei nei decenni precedenti. La santificazione del castigatore fu uno degli eventi clou di quel Giubileo, e contribuì al suo successo di popolo. Per tutta Roma si susseguirono poderose processioni. Durante una di queste, sul ponte Sant’Angelo, “fu tanta grande la ressa a mezzo della salita del ponte, che vi morirono centosettantadue anime e tutte furono soffocate dalla folla e ci morirono quattro cavalli e una mula, e tutti stavano a terra morti e ne cascavano sempre di più”, episodio che fece più scalpore della ormai tradizionale  epidemia di peste (epidemia che costrinse il Papa ad un breve “esilio” fuori città).

Un fenomeno, se così possiamo definirlo, nuovo e significativo di questo Anno Santo, fu la gran quantità di “turisti”, intellettuali, studiosi, artisti, curiosi (in gran parte fiorentini o toscani) che, alle pratiche religiose, affiancavano anche la visita e la ammirazione per le antichità classiche, attività che, in pieno Umanesimo, dette una spinta propulsiva alla cultura che poi generò il Buonarroti e il Da Vinci.

Giubileo del 1475. 

I clamorosi proventi del 1450 indussero il papato a ridurre ancora una volta l’intervallo tra un giubileo e l’altro: da 100 anni, a 50, da 50 a 33, e da 33 a 25, come decise l’altrimenti conservatore Paolo II, nel 1470, considerando “la brevità della vita umana e l’umana fragilità e debolezza verso il peccato”. Conseguentemente l’anno santo prossimo venturo si sarebbe celebrato nel 1475, ma purtroppo per lui, Paolo II morì prima (pare per una indigestione di melone…), e quindi il Papa officiante fu il temuto Sisto IV, uomo di guerra e di denari (la sua stessa elezione pare sia stata sfacciatamente mercanteggiata durante il conclave).

La preparazione tecnica per l’evento fu accuratissima: Sisto chiamò a riordinare urbanisticamente Roma nientemeno che Leon Battista Alberti, che abbellì piazze, aprì strade larghe e dritte, razionalizzò interi quartieri; fece edificare o riedificare una dozzina tra chiese e basiliche; fece costruire un nuovo ponte sul Tevere (ponte Sisto, appunto) ed una gigantesca nuova cappella in Vaticano (che da lui prese il nome di Sistina). Tutto questo dispendio di energie e l’arrivo di molti regnanti e principi cristiano, però, non riuscì a risollevare le sorti di un’annata infelice: non solo i conflitti (i soliti tra italiani ed in più con i turchi) e le insicurezze delle vie di comunicazione dissuasero molti pellegrini a scendere fino a Roma (fu necessario concedere i benefici giubilari anche ad alcune chiese di Bologna per permettere ai fedeli di risparmiare alcune centinaia di chilometri), ma l’Urbe venne inondata da una disastrosa piena dopo pesantissime piogge.

Ovviamente scoppiò anche una pestilenza, piuttosto grave. Il giubileo venne quindi interrotto, e poi prolungato fino alla pasqua dell’anno successivo. È interessante come questo anno santo vide per la prima volta la sua documentazione (dalla bolla di indizione ai breviari ad altri più semplici fogli di preghiera venduti ai pellegrini) edita tutta a mezzo stampa, quella con i caratteri mobili di Gutemberg, da poco introdotta in Italia.

Brevissima biografia dei Papi Martino V, Niccolò V e Sisto IV.

Martino V, al secolo Ottone Colonna, esponente della potente famiglia laziale, attraversò in gioventù la penosa vicenda degli scismi, e, dopo aver parteggiato per i “papi pisani”, si trovò ad essere il pontefice della riunificazione dottrinale. Ad essa, come capo dello Stato, fece seguire una riunificazione territoriale, in un alternarsi di concessioni (feudi e città amiche vennero “riaccolte benevolmente” sotto la protezione del soglio), di trattative diplomatiche (soprattutto col Regno di Napoli, dal quale ottenne alleanza ed il ritiro delle truppe da Roma), subdole manovre (in un incredibile intreccio di alleanze e tradimenti, indusse Braccio da Montone prima a combattere per lui, e poi, diventato questi troppo potente, lo fece eliminare da Francesco Sforza, ottenendo così il controllo di Perugia, Spoleto e Assisi), e durezza, così come nel caso della ribelle Bologna, che fu ripresa manu militari.

La sua politica estera europea si sviluppò in continue tensioni nei confronti del regno d’Aragona, in trattative con i principi tedeschi, e nella ricerca di una possibile riconciliazione con la Chiesa Ortodossa, che, in un Impero Bizantino al tramonto, chiedeva sostegno e unità. Uomo di grande cultura, si circondò di eminenti letterati, studiosi e giuristi (quasi tutti fiorentini), riformò almeno in parte il sistema delle finanze, e abolì le leggi antiebraiche e le predicazioni violente contro gli ebrei, accogliendo le richieste del concilio ebraico di Forlì del 1418.

Niccolò V, ovvero Tomaso Parentucelli, di Sarzana, maturò la sua formazione a Firenze (dove conobbe l’élite intellettuale dell’epoca), ed in Germania. Eletto papa nel 1447, accolse gli esponenti di quel movimento che chiamiamo Umanesimo fino ad allora sospettato di essere neo-pagano, ed affidò loro incarichi e responsabilità. Anch’egli colto e letterato, promosse la traduzione in latino e la divulgazione (ovviamente in ambienti elitari) di testi greci e di altre lingue, anche di tematiche appunto pagane. Raccolse pergamene, incunaboli e libri a migliaia, fondando l’immensa Biblioteca Vaticana. Ammirò e raccolse reperti archeologici, e fece restaurare palazzi, strade, rovine romane, oltre alle mura e a Castel Sant’Angelo. Ovviamente non trascurò chiese e basiliche.

Per il bene e la salute del popolo, incaricò Leon Battista Alberti di ripristinare un antico acquedotto, che, dopo secoli di pozzi, riportava ai romani acqua sorgiva, che arrivava in quella che poi diverrà la fontana di Trevi. In politica estera, uno dei suoi più grandi successi fu la stipula del concordato con l’Imperatore Federico III d’Asburgo, mentre al Portogallo concesse la bolla Dum Diversas che fu la terribile pietra miliare dell’atteggiamento europeo verso il resto del mondo per i futuri cinquecento anni: in essa Niccolò autorizzava il re lusitano a conquistare, occupare, saccheggiare le terre, note e non note, abitate da saraceni e pagani, e a fare di quelle popolazioni schiavi senza alcuna parvenza di diritti2.

Suo più grande cruccio fu la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani di Maometto II. Nonostante gli sforzi e gli aiuti del Papa, nessuna potenza europea intervenne in soccorso dei bizantini, e la capitale venne presa con un immenso spargimento di sangue cristiano. Il medioevo stava per finire per sempre.

Sisto IV, Francesco della Rovere. Uno dei papi più nepotisti della storia, cercò di favorire la sua già ricchissima famiglia con cariche di Stato ed ecclesiastiche, ed affidando a fratelli e nipoti ruoli importantissimi. Uno di essi, Girolamo Riario, per puro spirito di avidità, si contrappose ai Colonna ed ad altre famiglie, e vessò il contado romano, provocando malumori, rivolte, reazioni violente. Spinse inoltre il Papa a varie imprese di guerra, risolte quasi tutte in disastri militari ed economici.

Il carattere aggressivo di Sisto si manifestò sicuramente in politica estera: indisse due crociate contro i turchi (una delle quali a seguito dello sbarco a Otranto delle truppe ottomane) promosse la sciagurata congiura dei Pazzi contro Lorenzo il Magnifico nell’intento di impadronirsi dello Stato di Firenze, e scatenò una guerra di pura conquista contro gli estensi di Ferrara. Si scontrò inoltre su questioni di governo della chiesa locale col re di Francia.

Dal punto di vista più propriamente dottrinale, acconsentì alla istituzione della Inquisizione Spagnola, e, nonostante ne avesse criticato in un primo momento gli eccessi, la affidò poi al sanguinario Torquemada. Abrogò ogni delibera dei concili precedenti che limitasse il potere assoluto dei papi nei confronti del collegio di vescovi e cardinali, e nel 1477 proclamò la festa (non ancora il dogma, per quello si dovette aspettare il 1954) della Immacolata Concezione di Maria. Nonostante i proventi del giubileo, lasciò lo Stato pontificio con un deficit enorme.


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  1. Testimonianze di Matteo Villani, Giovanni Rucellai, Paolo del Maestro []
  2. Il testo della bolla recitava “in forza dell’autorità apostolica, col contenuto di questa lettera, noi vi concediamo la piena e libera facoltà di catturare e soggiogare Saraceni e pagani, come pure altri non credenti e nemici di Cristo, chiunque essi siano e dovunque abitino; di prendere ogni tipo di beni, mobili o immobili, che si trovino in possesso di questi stessi Saraceni, pagani, non credenti e nemici di Cristo; di invadere e conquistare regni, ducati, contee, principati; come pure altri dominii, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere a qualunque re o principe essi appartengano e di ridurre in schiavitù i loro abitanti; di appropriarvi per sempre, per voi e i vostri successori, i re del Portogallo, dei regni, ducati, contee, principati; come pure altri dominii, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere, destinandoli a vostro uso e vantaggio, e a quelli dei vostri successori []