di Gabriele Pazzaglia
Il 20 agosto è stato celebrato in una chiesa romana il funerale di Casamonica.
Il fatto è oramai noto: additato da molti come capo di una famiglia mafiosa, il cui nome ricorre varie volte nell’inchiesta mafia capitale, chi ha organizzato il funerale non si è certo preoccupato di farlo apparire diversamente.
Le cronache raccontano dell’ingresso del feretro al ritmo de “il Padrino”, di una carrozza trainata da sei cavalli e dallo spargimento di petali da un elicottero. Una cosa sobria, insomma.
Subito è scoppiata la polemica politica sull’inopportunità del funeralone. Polemiche a volte cariche di ipocrisia, tanto che il funerale di cui conviene parlare non è quello di Casamonica ma quello, continuo e ben più grave, della laicità italiana.
Il punto è distinguere tra il mantenimento dell’ordine pubblico, quello che succede fuori dalla chiesa, e la funzione religiosa, quello che succede dentro.
Alfano bene a fatto a chiedere una relazione al Prefetto (un atto da Ministro dell’Interno, finalmente!) e bene hanno fatto quelli che si sono schifati per il blocco del traffico e la coreografia in stile mafioso. Anzi, si prenda spunto da questi fatti per dirigere verso tutti i partecipanti controlli particolarmente serrati.
Altro è la critica alla Chiesa cattolica per la celebrazione stessa del funerale, e ancor di più al paragone con il rifiuto delle esequie a Welby. Non essendo credente non simpatizzo con nessuna organizzazione religiosa. Detto questo, secondo me, tutte le critiche rivolte da qualunque politico alla celebrazione stessa del funerale – se non seguite da un’azione politica – sono velatamente ipocrite.
Sì, perché la laicità, se presa seriamente, implica che, come si pretende che le chiese non entrino negli affari dello Stato, lo Stato non deve entrare negli affari delle chiese. Se poi una confessione religiosa vuole fare un funerale al peggiore dei peggiori, se ne assumerà la responsabilità, davanti alla comunità dei fedeli i quale, grazie al Paese libero quale siamo, se schifati, avranno sempre la semplice possibilità di criticare e soprattutto fare dietrofront, uscire dalla cattedrale, e chiudere la porta alle loro spalle.
Scandaloso è, semmai, che un’organizzazione che ha la giusta autonomia sia poi privilegiata da uno Stato debole e arrendevole.
Tutte le confessioni religiose ricevono l’8xmille, cioè una quota delle tesse che si pagano allo Stato. Ogni cittadino può mettere una crocetta sulla propria dichiarazione dei redditi per decidere a chi siano dati quei soldi. Ci sono tutte le confessioni che hanno un’Intesa con lo Stato: cattolica, comunità ebraiche, luterani, valdesi, etc…e poi c’è la preferenza per lo Stato stesso.
Chi difende il meccanismo argomenta affermando che è “volontario”: “Basta decidere di non dare i soldi alle confessioni”, molti dicono.
Ma il meccanismo, nonostante ciò, è comunque ingiusto perché un credente può individuare la “sua” chiesa e dare i soldi ad una “sua” comunità, un non-credente, o uno di una religione che non ha un’intesa con lo Stato, invece può solo darli allo Stato contribuendo ad una spesa pubblica di cui godono tutti, anche chi ha dato i denari in questione a un’organizzazione religiosa, cioè per qualcosa di cui beneficerà solo lui. Se si vuole finanziare una confessione, si vada al dì di festa col portafoglio aperto e si faccia una donazione che, ulteriore privilegio, è anche deducibile dai redditi.
E c’è di peggio: se uno quella preferenza non la esprime, i soldi non vanno allo Stato, ma vengono ripartiti…come le preferenze espresse: per chi ne vuole sapere di più, questi i dati ufficiali.
E tra i privilegiati c’è qualcuno ancor più privilegiato: l’art. 7 afferma che la Chiesa cattolica è, unica al pari dello Stato, indipendente e sovrana «nel proprio ordine». Un articolo ingiusto e pericolosissimo perché non definisce proprio cosa attenga all’ordine dello Stato e cosa a quello della Chiesa. In uno Stato serio, cosa appartenga all’ordine dello Stato lo decide lo Stato stesso. Da noi la Costituzione permette alla Chiesa di mercanteggiare appoggio politico o economico a chi sia più disposto a cedere ad essa sovranità.
Tutte le altre religioni sono ad un gradino più basso: l’art 8, infatti, stabilisce che «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere». Attenzione, non eguali in tutto ma solo nel loro essere consentite, cioè, appunto libere.
E questo si vede ad esempio nella possibilità che i tribunali ecclesiastici annullino matrimoni celebrati in chiesa e questo annullamento travolga e cancelli anche il matrimonio per lo Stato o all’insegnamento della religione cattolica nella Scuola della Repubblica.
Dunque, qualunque politico, giustamente indignato di quello che succede in Chiesa, si attivi, invece di indignarsi, e si adoperi per cancellare ogni finanziamento ad ogni ente religioso e per renderle le organizzazioni religiose unicamente fenomeni privati, ai quali lo stato è indifferente, trattati tutti in modo eguale.