di Marco Ottanelli
Nell’anno giubilare 1700, il Granduca Cosimo III de’ Medici, in pellegrinaggio presso il Pontefice, volle visitare solo chiese e basiliche a Roma, “senza aver voluto vedere le rarità singolari antiche e moderne che in tanta copia vi si trovavano”. In gran spirito di pietà, volle farsi ritrarre in abiti da canonico, carica alla quale fu nominato dai custodi di San Giovanni in Laterano.
Di cotanta umiliazione dell’intera Toscana ai piedi di Papa Innocenzo XII, nel Granducato non si dettero pace.
Sua Altezza Serenissima vestito da prete! Lo Stato disonorato ricondotto agli antichi vassallaggi! Il Granducato ridotto alla mercè di una diocesi! Persino nella stagnante toscanella del XVIII secolo lo scandalo fu enorme.
Ma Cosimo III, bigotto e baciapile, si prodigò per compiacere il moralismo e gli interessi della Chiesa, emanando, negli anni successivi, bandi e decreti che proibivano o limitavano le feste civili popolari; che disponevano severe disposizioni verso i “disturbatori”; che proibivano alle “donne di malavita” di mostrarsi in pubblico; che perseguitavano gli “amori illeciti”, che esentavano i possedimenti della Chiesa e gli ecclesiastici (10 mila anime su 75 mila nella sola capitale, Firenze!) da qualunque tassa, gabella o imposta.
Quel che differenzia la Toscana di allora dall’Italia di oggi è che a tali mortificazioni e tristi ossequi, qualcuno si oppose e si ribellò, principi di casa Medici compresi, e alla morte di Cosimo III tutto il “pacchetto papalino” venne abrogato.
Ai tempi nostri, nessuna voce politica si leva contro la più vergognosa delle prostrazioni al soglio di Pietro. Nessuna opposizione si erge contro il ridicolo minuetto di presidenti e ministri piegati davanti al soglio papale, soglio contento e felice delle maggioranze governative nel nostro Paese, tutte unite in un programma, che, da 20 anni, rimette il destino della Nazione ai desiderata del Vaticano (il pagamento dell’IMU della chiesa è saltato anche quest’anno). Un Vaticano quanto mai invasivo e pervasivo come un fumo acre di ceri e incensi, un Vaticano interessato e condizionante come fosse un ulteriore organo costitutivo di questo povero stagnante staterello. Uno starello il cui Capo in visita a papa Francesco dice, senza che si levi una sola voce di dubbio che “grandemente ci sostiene la Chiesa nello svolgimento del suo magistero educativo e del suo quotidiano esercizio pastorale: la Chiesa attraverso i suoi Vescovi, e tra essi, in primis, il Vescovo di Roma, il Santo Padre. In effetti, sulle solide basi poste dalla nostra lungimirante Costituzione e dal nuovo Concordato le istituzioni repubblicane e la Santa Sede sono protagonisti e guide di una limpida collaborazione per la promozione dell’uomo e per il bene del paese“.
Ahi, Napolitano: le manca solo il ritratto con le vesti da canonico.
L’ insorgere dello stato confessionale e clericale di fatto passa attraverso l’umiliazione e la prostrazione, mai attraverso la libertà e la consapevolezza. Per la residua dignità d’Italia ci vorrebbero un Giangastone, un Canapone, un Ferdinando. Ma ci aspettano solo i plaudenti politici di ieri, oggi, domani.