Scheda sintetica di Gabriele Pazzaglia
Le norme oggi in vigore (art. 274 del codice di procedura penale) rendono possibile che la libertà di una persona sia limitata anche prima del processo; si tratta delle “misure cautelari”, che sono di vario tipo ed hanno diversa gravità: non solo il carcere ma anche arresti domiciliari (con o senza braccialetto elettronico), obbligo o divieto di dimora, obbligo di firma etc… Si tratta di una scelta grave ma necessaria visto che ci sono casi in cui le prove raccolte sono così evidenti o il soggetto così pericoloso che è inevitabile che sia limitata la sua libertà personale, anche se la successiva decisione definitiva potrebbe essere diversa.
Sono previsti tre casi in cui ciò possa avvenire (le cosiddette “esigenze cautelari”): inquinamento probatorio, pericolo di fuga e reiterazione del reato. Il referendum modifica quest’ultima. Già oggi non per tutti i reati la reiterazione porta alla misura cautelare (che sia in carcere o di tipo diverso), ma solo per i quei reati commessi con uso di armi o con mezzi di violenza personale; quelli diretti contro l’ordine costituzionale; di criminalità organizzata e, infine, tutti gli altri i reati la cui pena massima prevista sia almeno 4 anni. Il referendum elimina quest’ultima possibilità. Il risultato sarà che per i reati, anche se gravissimi, che non sono violenti, non siano realizzati in modo organizzato o rivolti contro le Istituzioni anche se c’è la prova schiacciante, addirittura il colpevole colto sul fatto, esso sarà rimesso in libertà. In un dibattito ho sentito l’ex Procuratore di Torino Spataro fare questo esempio: se un ladro viene beccato in un appartamento, arrestato e gli trovano in tasca un biglietto con l’indirizzo della prossima casa da svaligiare… andrà rimesso in libertà! Ed ha ragione perché il reato (art. 624-bis cp) è punto fino a 7 anni ma non è commesso con violenza “personale”. Lo stesso dicasi per peculato, corruzione, usura, riciclaggio, ricettazione …etc
Il referendum è stato promosso dai Consigli delle Regioni Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte. E sul carretto sono saliti Lega e Radicali in primis, poi seguiti da Italia Viva, Azione e Forza Italia. I promotori sostengono in soldoni che vi sia stato un “abuso” delle misure cautelari negli ultimi anni, tanto che avevano proposto che la parola “abuso” fosse inserita nel titolo del quesito referendario, richiesta bocciata dalla Corte di Cassazione. Ma fu vero abuso? Dai dati ufficiali sembra vero il contrario. La tabella che segue indica quale sia stata la decisione finale, di condanna o assoluzione, anche non definitive, nei processi del 2021 in cui vi è stata una misura cautelare (purtroppo il Ministero ha reso noti solo i processi conclusi nello stesso anno in cui la misura è intervenuta)
Ebbene, il processo termina con l’assoluzione solo nel 7% dei casi. Si può fare di meglio per evitare che anche quel 7% soffra ingiustamente (anche se in alcuni casi si tratta di limitazioni molto blande, come l’obbligo di presentarsi alla polizia, e non subire il carcere)? Certo, soprattutto in un mondo perfetto. Ma possibile che qualcuno pensi che la soluzione sia rimettere in libertà un po’ del restante 93%?
In quest’altra tabella sono indicate le stesse misure cautelari della precedente ma in valore assoluto. Emerge chiaramente che non siamo davanti ad un’incarcerazione di massa.
E allora quale è la soluzione? Intanto avere la consapevolezza che i numeri mostrano che non c’è abuso generalizzato. Ci sono singoli errori giudiziari, che ci sono stati e – ahinoi – sui grandi numeri sono inevitabili. Poi si deve sapere che già oggi non si finisce in galera perché un magistrato si è svegliato storto. Di solito ci sarà una notizia di reato, quindi qualcuno che lo avrà denunciato alle forze dell’ordine, poi la valutazione del PM, che chiede la limitazione della libertà, e infine quella del giudice, il GIP, che fa il provvedimento (quindi almeno questi ultimi due devono essere d’accordo). Contro la decisione si può fare ricorso ad un collegio di tre giudici e da questo in Cassazione. Quindi il procedimento è già molto garantito. Inoltre la motivazione deve specificare quale sia il concreto e attuale pericolo che il reato venga commesso di nuovo.
Vi sono proposte di far decidere già in prima battuta un collegio di tre giudici: ha senso, ma allora si abolisca l’appello sulle misure cautelari. Ma il vero nodo sono i tempi del processo che, essendo biblico, porta i PM a chiedere subito la misura cautelare, perché se è tollerabile aspettare la giustizia qualche mese, non lo è qualche anno. Quindi servirebbe un incremento dell’organico della magistratura che è insufficiente rispetto ai nostri – spaventosi – tassi di criminalità, che a loro volta potrebbero essere abbattuti aumentando il numero dei posti in carcere. Una riforma complessiva dunque, ma su basi nettamente diverse rispetto all’equivoco “garantismo” che ha guidato le scelte degli ultimi anni e che era solo voglia di impunità mascherata.