di Claudio Moretti
PARTE PRIMA dell’analisi
PARTE SECONDA dell’analisi
Sarà capitato a tutti, passeggiando per il centro della città, di vedere in molti negozi una targhetta con scritto “qui Tax Refund per turisti”. Si tratta di una agevolazione sugli acquisti offerta ai soli turisti extra UE che consente loro, in pratica, di comprare un oggetto con uno sconto del 22%, pari all’Iva gravante sul bene.
Un turista giapponese entra in un negozio di moda di lusso e compra una borsa al prezzo di 700 euro. L’addetta alla vendita compila una fattura, datata e numerata (tecnicamente tax free shopping cheque) su cui viene riportata la descrizione del bene acquistato e il suo valore con l’Iva al 22% ma scorporata ( 568,6 + 141,4 = 700). Dal 2006 nome, cognome e nr. di passaporto del turista non devono più obbligatoriamente essere scritti dal negozio. Il turista, quando riparte per il Giappone, si reca all’Ufficio doganale partenze-tax free dove mostra il passaporto, la carta di imbarco e la borsa. Sulla fattura tax free che esibisce, completamente compilata, viene apposto dal funzionario doganale un timbro/datario (il Conalbi in metallo inchiostrato in nero ad olio su cui è inciso lo stemma della Repubblica) e la fattura viene firmata. Il giapponese con la fattura vidimata dalla Dogana, va, nelle vicinanze, allo sportello della società di tax refund che risulta nella intestazione della sua fattura, dove ottiene in contanti o su carta di credito 120 euro circa di rimborso. In realtà a lui spetterebbero 141,4 euro di Iva, ma le società di Tax refund si trattengono circa il 10% per il servizio, ossia proprio per restituire subito cash l’Iva al turista.
Quella descritta è la procedura normale che in un aeroporto come quello di Fiumicino si ripete per circa 1000 volte al giorno e che ha portato nel 2013 ad autorizzare rimborsi Iva per 70 milioni.
Se pensiamo che questa procedura di rimborso è in vigore in tutti i porti, gli aeroporti italiani e i valichi con la Svizzera, ne consegue che le restituzioni Iva in un anno dovrebbero ammontare a circa 3 miliardi. Ma questo dato è di gran lunga superiore per una sorta di moltiplicatore che cercherò di spiegare.
Due osservazioni preliminari.
A) La procedura sopra evidenziata prevede l’apposizione di un timbro della Dogana perché la restituzione dell’Iva sia possibile. La timbratura è nella sola discrezionalità del funzionario doganale e non ha riscontro/controllo alcuno da parte di altro Ente o Organismo e non è prevista la consegna, la registrazione, la conservazione di una copia della fattura vidimata.
Se si considera poi che – caso unico nel panorama fiscale – con un solo timbro l’Erario autorizza la restituzione cash dell’Iva per il 22% dell’importo della fattura, si comprende subito la pericolosità fiscale della procedura che non prevede alcuna possibilità di revisione o correzione.
B) Per ottenere il rimborso dell’Iva il turista DEVE portare il bene acquistato fuori della Comunità, quindi esportare. Invece i beni per svariati milioni che i turisti acquistano con questa agevolazione ogni anno sono considerate VENDITE INTERNE (la risoluzione 37 del 5/5/98 del Ministero delle Finanze ha precisato che “le operazioni di cui all’articolo 38-quater, del DPR n. 633 del 1972 sono da ritenere, ai soli fini della detrazione, operazioni assimilate a quelle imponibili con l’effetto che per le stesse non opera la esclusione della detraibilità dell’imposta”).
Quindi tutte queste operazioni che sono effettivamente esportazioni sono fiscalmente considerate vendite interne e come tali non rientrano nell’attivo di bilancio dello Stato. Questo mi sembra particolarmente discutibile vista l’attuale situazione finanziaria italiana.
La norma
Art. 38 quater D.P.R. 633/72 – Sgravio dell’imposta per i soggetti domiciliati e residenti fuori della Comunita’ Europea.
1. Le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunita’ europea di beni per un complessivo importo, comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto, superiore a euro 154.94 destinati all’uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunita’ medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell’imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura a norma dell’articolo 21, e che i beni siano trasportati fuori della Comunita’ entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. L’esemplare della fattura consegnato al cessionario deve essere restituito al cedente, recante anche l’indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale, vistato dall’ufficio doganale di uscita dalla Comunità, entro il quarto mese successivo all’effettuazione della operazione; in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione della operazione a norma dell’articolo 26, primo comma, entro un mese dalla scadenza del suddetto termine. 2. Per le cessioni di cui al comma 1, per le quali il cedente non si sia avvalso della facoltà ivi prevista, il cessionario ha diritto al rimborso dell’imposta pagata per rivalsa a condizione che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello della cessione e che restituisca al cedente l’esemplare della fattura vistato dall’ufficio doganale entro il quarto mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il rimborso e’ effettuato dal cedente il quale ha diritto di recuperare l’imposta mediante annotazione della corrispondente variazione nel registro di cui all’articolo 25.
Nel tentativo di essere comprensibile, chiaro e non (troppo) noioso, tralascerò alcune annotazioni tecnico/giuridiche, evidenziando invece le criticità che fanno del 38 quater “un caso”.
Preliminarmente occorre precisare che:
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la norma risponde ad una esigenza di equità fiscale per evitare doppie imposizioni che si potrebbero verificare allorché il bene (la borsa di cui sopra) fosse assoggettata al pagamento dell’Iva nel Paese di arrivo del turista. L’IVA si deve pagare una sola volta e dove il bene si consuma o utilizza
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Serve per l’armonizzazione con le norme fiscali di altri paesi della Comunità. Infatti disposizioni analoghe a quella che stiamo esaminando sono presenti nelle legislazioni degli altri Paesi UE.
Anche con una lettura superficiale si comprende che l’agevolazione del 38 quater è subordinata ad alcune condizioni
LE CONDIZIONI:
1. L’acquirente deve essere un cittadino residente o domiciliato fuori il territorio della Comunità
La norma è applicabile solo al viaggiatore, cittadino e consumatore privato. Non vale per una persona giuridica, cioè un “ditta”. In pratica la fattura di vendita deve essere intestata al sig. John Brown e non alla John Brown Inc..
Per individuare quando il viaggiatore sia residente o domiciliato fuori l’UE occorre spiegare cosa siano il domicilio e la residenza.
Secondo il Codice Civile (art. 43 e segg.):
- Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
- La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
- La dimora è il posto dove la persona vive.
Sempre secondo il Codice Civile la residenza è unica nel senso che non si possono avere più residenze.
I domicili invece possono essere plurimi. Pensiamo ad una persona che abbia la famiglia a Roma e la propria azienda a Latina, avrà residenza a Roma e domcilio a Roma e Latina.
Inoltre quando una persona ha, nel medesimo luogo, domicilio e residenza e sposta quest’ultima altrove, si considera trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una dichiarazione nell’atto con il quale si chiede di trasferire la residenza.
Alla luce di quanto sopra un lavoratore extra comunitario, con regolare permesso di soggiorno e carta di identità italiana ma che conserva il passaporto del proprio Stato di origine ha diritto a questa agevolazione?
La risposta è no secondo il parere dell’Avvocatura dello Stato del 13/10/2011 in quanto il passaporto serve a dimostrare la cittadinanza ma non residenza e domicilio del soggetto.
Per arrivare a questa pronuncia però ci sono voluti anni di discussioni perchè esiste una residenza civilistica ed una fiscale, perchè c’è una disposizione della Comunità nel merito ( VI Direttiva n. 77/388/CE), perchè sono i Comuni a certificare residenza e domicilio con i loro regolamenti. Questo aggrovigliarsi e sovrapporsi delle disposizioni e dei pareri rende alla fine tutto poco chiaro ed opinabile, quindi facile alla interpretazione più comoda. Sarebbe stato logico emanare una sola disposizione chiarificatrice ed esaustiva ma non è successo e così in alcuni porti e aeroporti l’agevolazione viene concessa in altri no. Ricordiamoci sempre che parliamo di rimborsi IVA!
2. i beni devono avere un importo complessivo comprensivo di iva superiore a 154,94 euro.
Bisogna comprare per almeno 154.94 euro in uno stesso esercizio e con una unica fattura per godere dell’agevolazione. Se, per esempio, si acquista un pantalone per 100€ e un golf per 120€ nello stesso negozio e risultano nella stessa fattura si ha diritto. Se li si acquista, per lo stesso importo, ma in due differenti esercizi non si ha diritto.
3. i beni devono essere destinati all’uso personale o familiare del viaggiatore
Questa condizione è stata in pratica lasciata alla libera interpretazione di ogni funzionario doganale italiano.
Esistono un paio di circolari nel merito una del 1997, l’altra del 1998 che poco dicono e male:
per familiari occorre intendere anche quelli non viaggianti;
i beni “devono comunque essere privi in via generale di qualsiasi valore commerciale”.
Precisato che l’esportazione commerciale è regolata dall’art. 8 D.P.R. 633/72 ed è cosa diversa da quella a seguito del viaggiatore, che stiamo trattando, sia per le caratteristiche sia per conseguenze, mi chiedo come ci si debba porre davanti ad una ricca famiglia araba con 4 mogli e non so quanti figli e parenti oppure di fronte ad una normale famiglia allargata. Sette orologi Rolex possono essere un regalo per i familiari arabi o una esportazione commerciale mascherata. Come comportarsi è solo nella discrezione del funzionario che, davanti ad una fila di persone sempre lunga, pur di evitare estenuanti discussioni, appone il timbro magari solo per stanchezza. Mi chiedo se un rimborso Iva del 22% possa essere lasciato così ad libitum.
Ricordo che questo tipo di agevolazione per i turisti è presente anche negli altri Stati Comunitari. In Francia per esempio l’esportazione è commerciale se in una unica fattura sono contemporaneamente presenti due condizioni:
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Sono riportati più di 10 articoli similari;
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Il valore totale di questi articoli sia superiore a 762 euro
Quindi 12 borse uguali per un valore di 600€ è tax refund; 11 borse uguali per un valore di 800€ è una spedizione commerciale. Si tratta di una regola, discutibile quanto si voglia, ma è una regola che non lascia margine a interpretazioni soggettive e semplifica il lavoro e i controlli. In Italia invece guai a copiare, in fondo è solo Iva!!
4. i beni devono essere trasportati nei bagagli personali del viaggiatore fuori il territorio della comunità.
I beni acquistati, da esibire sempre in Dogana per l’ottenimento del timbro sulla fattura, devono essere trasportati o nel bagaglio a mano o imbarcati in stiva come bagaglio appresso.
Se un turista acquista, ad esempio, un lampadario di Murano evidentemente non può portarlo a seguito nè come bagaglio a mano nè appresso. E’ possibile allora affidarlo alla Compagnia Aerea per la spedizione a destino. Occorre l’emissione di una lettera di trasporto aereo intestata al viaggiatore ed avente lo stesso viaggiatore quale destinatario, recante inoltre gli estremi del passaporto e la descrizione della merce, nonché copia del suo biglietto aereo. Tutto deve corrispondere ai dati riportati nella fattura di acquisto. In questo caso la fattura viene timbrata a posteriori.
5. la fattura deve essere emessa ai sensi dell’art. 21 dpr 633/72
In breve questo articolo prevede che una fattura per essere valida deve contenere una serie di indicazioni che devono quindi anche essere presenti nella fattura 38 quater. Tra queste indicazioni è previsto che la fattura debba specificare la natura, la qualità e la quantità dei beni oggetto dell’operazione. Capita, anche spesso, che i negozianti compilino le fatture omettendo o riportando in modo inesatto questi elementi.
Il principio da osservare è che il funzionario che appone il timbro sulla fattura deve avere certezza che l’oggetto presentato corrisponda a quello descritto sulla fattura. Pertanto fatture che riportino, ad esempio, due orologi in acciaio, valore 5000 euro, non sono da ritenere vidimabili perchè potrebbero essere di marca e modello diversi da quelli presentati in Dogana. Questo principio è stato suffragato anche dall’Avvocatura dello Stato che ha precisato che l’art. 21, tra gli elementi essenziali della fattura, contempla la qualità e non il genere. Pertanto i criteri per realizzare l’identità fattura-bene presentato possono essere diversi (matricola, modello, marca etc.) comunque tali da poter garantire la sicurezza fiscale senza tuttavia compromettere le esigenze commerciali con eccessiva pignoleria.
6. l’intestatario della fattura deve essere il viaggiatore
La fattura deve riportare gli estremi del viaggiatore e del suo passaporto o altro documento valido per un Paese extra Ue (es. per il turista svizzero basta la carta di identità). Questo significa che i beni oggetto dell’agevolazione devono essere presentati in Dogana solo da colui che risulta l’intestatario della fattura per cui si richiede lo sgravio.
La finanziaria 2006 (art.4 comma 356) ha soppresso l’obbligo per il negoziante di indicare all’atto dell’emissione della fattura gli estremi del passaporto. Questi sono invece da apporre da parte dell’acquirente prima di ottenere il visto doganale. E’ pertanto demandata al funzionario doganale la responsabilità del controllo della corrispondenza tra passeggero e intestatario della fattura e di conseguenza se questi sia domiciliato o residente all’estero. Si tratta di responsabilità particolarmente gravose sulle spalle di un singolo, cui spetta decidere insindacabilmente se lo Stato debba restituire o incamerare il 22% di IVA.
La novità introdotta dalla Finanziaria 2006 si traduce nei fatti in una cospicua agevolazione per i negozianti che potranno emettere fatture 38 quater anche se chi si reca al negozio per effettuare gli acquisti non è colui che partirà. Il nostro principe arabo può tranquillamente incaricare l’autista di effettuare acquisti per lui.
ALTRE CONDIZIONI
7. i beni devono essere nuovi.
Per ottenere l’esenzione Iva occorre che i beni acquistati non siano usati. Questo perché se gli oggetti vengono utilizzati in Italia è qui che devono assolvere l’Iva, quindi non hanno diritto allo sgravio.
8. la fattura deve obbligatoriamente riportare la dicitura: “art. 38 quater dpr 633/72”.
LE MODALITA’ DI SGRAVIO
Per non far gravare l’Iva sul viaggiatore extracomunitario, il legislatore ha previsto due procedure: la prima consiste nel non applicare l’IVA al viaggiatore subito (primo comma art. 38 quater), ossia al momento dell’acquisto; la seconda comporta l’addebito dell’imposta ed il successivo rimborso al viaggiatore (secondo comma). In ogni caso le condizioni fin qui commentate devono essere tutte presenti in ambedue le fattispecie, indipendentemente dalla circostanza che il negoziante emetta fattura senza IVA, ovvero fattura con Iva e successivo rimborso.
Le due modalità sono alternative ma la prima presenta il rischio per il negoziante di dover pagare lui l’IVA, in caso di mancata restituzione nei termini, della fattura timbrata dalla dogana. Pertanto normalmente il venditore addebita l’imposta al viaggiatore provvedendo, dopo che la fattura è stata timbrata dalla dogana, al suo rimborso che, ormai, avviene quasi esclusivamente attraverso le società di Tax Refund.
CHI NON PUO’ GODERE DEL BENEFICIO DEL 38 QUATER.
I cittadini residenti o domiciliati in uno dei seguenti Paesi.
Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Grecia, Portogallo, Spagna, Austria, Finlandia, Svezia, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Croazia.
Inoltre Principato di Monaco e Repubblica di San Marino.
CHI PUO’ GODERE DEL BENEFICIO
Tutti i cittadini residenti o domiciliati in un Paese che non rientri tra quelli sopra riportati ed inoltre coloro che lo siano nel:
Comune di Livigno, Comune di Campione di Italia, Ceuta, Melilla, Groenlandia, Andorra, Isole Canarie.
LE SOCIETA’ DI TAX REFUND
Come sopra detto le modalità di sgravio sono due ma in pratica viene utilizzata solo quella che prevede per il viaggiatore il pagamento dell’IVA all’atto dell’acquisto e la successiva restituzione dopo la vidimazione della dogana sulla fattura.
In questo meccanismo si sono inserite da tempo le società di Tax Refund, frapponendosi fra il commerciante e l’acquirente. Queste società instaurano due rapporti uno con il turista al quale, trattenendo una commissione, anticipano il rimborso, in contanti o su carta di credito, dell’IVA pagata sugli acquisti: in pratica acquistano il credito Iva che il turista ha nei confronti del fisco. L’altro con il negoziante cui in genere corrispondono un compenso/percentuale in relazione alle vendite effettuate ai turisti stranieri. Successivamente queste società trasmettono le fatture, timbrate dalla dogana e rimborsate al turista, al negoziante che provvede ad annotare l’operazione sul registro acquisti e restituire l’Iva incassata dal turista alla società di tax refund.
Queste, provvedono inoltre alla microfilmatura e memorizzazione delle operazioni con procedure informatiche. Quindi solo loro hanno traccia di queste operazioni e non l’Amministrazione.
ALCUNE RIFLESSIONI
Si tratta molto spesso di multinazionali che hanno avuto la indiscussa abilità di realizzare dei guadagni continui con scarsissimo rischio, inserendosi legittimamente tra le maglie della legge. Un guadagno medio dell’8% ad operazione e a rischio zero è senza dubbio un buon affare. Se lo stesso servizio offerto al viaggiatore fosse invece stato gestito ad esempio dai Comuni, i bilanci di questi ultimi sarebbero stati sicuramente migliori.
Le società di Tax Refund sono intermediari finanziari e come tali oggetto delle specifiche norme bancarie, fiscali, valutarie e anti riciclaggio. Gli organismi preposti al controllo sono quindi diversi: Banca d’Italia, Entrate, Dogane etc. ma il coordinamento tra loro al momento non risulta in atto.
Eppure solo valutariamente, viste le attuali limitazioni all’uso del contante e di trasferimento di denaro all’estero, controlli in tal senso andrebbero intensificati. Le società di Tax Refund infatti restituiscono il denaro al viaggiatore dopo il controllo passaporti ossia poco prima dell’imbarco. Non possono quindi essere restituiti cash più di 1000 euro mentre spetta alla società di Tax Refund compilare una dichiarazione valutaria per l’ammontare del denaro introdotto giornalmente.
L’aspetto più preoccupante riguarda però un possibile riciclaggio dietro queste operazioni. La restituzione può anche essere effettuata accreditando l’importo su carta di credito. Quindi su una stessa carta possono essere versate anche somme ingenti dal momento che è possibile chiedere l’accredito solo indicando il numero della carta e questa non necessariamente deve essere intestata al viaggiatore. I beni che vengono acquistati, come meglio vedremo appresso parlando dei compratori, sono spesso di pregio e di gran valore (orologi Rolex e simili, gioielli Bulgari e simili etc.). Si può quindi tranquillamente pensare che denaro “sporco” venga introdotto in Italia dichiarandolo regolarmente, con esso si effettuino acquisti, che sono anche detassati e successivamente i beni siano rivenduti all’estero. Viene in tal modo realizzato un riciclaggio.
Infine teniamo presente che, di fatto, le società di Tax Refund hanno monopolizzato il mercato degli acquisti. Se un turista volesse acquistare un oggetto non avvalendosi dei loro servizi e quindi con una detassazione del 22%, in luogo del 13 o 14 che viene invece corrisposto, in pratica non è in grado di farlo. Le società di Tax Refund hanno infatti stipulato contratti di esclusiva con tutti i principali negozi che vendono ai turisti e che utilizzano solo fatture fornite loro dalle predette società.
IL FENOMENO DEI COMPRATORI (COSIDDETI BUYER)
I prodotti di pregio che costituiscono l’orgoglio del nostro made in (Bulgari, Gucci, Prada, etc.) sono venduti nei Paesi orientali come Giappone, Corea, Cina etc. ad un prezzo notevolmente superiore rispetto all’Italia. Questo ha fatto sì che gruppi di cittadini di quei Paesi si rechino, anche con cadenza mensile, in Italia per acquistare per importi considerevoli questi beni per poi rivenderli nel loro Paese.
Costoro vengono appunto chiamati buyer.
Il fenomeno è in continua crescita ed è reso possibile dalla superficialità delle norme riguardo l’uso personale e dei propri familiari come per l’individuazione del carattere non commerciale dell’acquisto, come sopra detto.
Mi è stato spesso chiesto perchè il fenomeno debba essere contrastato visto che vengono fatti tanti acquisti in Italia a tutto vantaggio dei negozi e dell’introito di valuta. Rispondo:
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Le esportazioni commerciali sono regolate dall’art. 8 D.P.R. 633/72 e sono cosa diversa rispetto a quelle 38 quater che, come visto, non sono considerate esportazioni ma vendite interne;
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I vantaggi dei vari Bulgari, Prada etc. è solo apparente. I punti vendita aperti nei diversi Paesi orientali proprio per via dei buyer subiscono un decremento costante delle vendite che rappresentano anche una risorsa per l’Italia. Il mercato parallelo apporta ricchezza solo a chi lo attua;
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Come sopra accennato l’acquisto di beni di pregio potrebbe – e facilmente – sottendere un fenomeno di riciclaggio. Prova ne sia che in un certo periodo di tempo all’Aeroporto di Fiumicino furono stretti i freni su questo tipo di timbrature. Si ebbero immediatamente casi di timbri falsificati e falsi sulle fatture nonché deviazioni di traffico da Roma verso altri aeroporti più comprensivi. Rifletto che non si falsifica un timbro di metallo con datario e stemma della Repubblica solo per l’esenzione dell’Iva su qualche fattura.
GLI ALTRI PERICOLI DELLA PROCEDURA
E vi sono altri pericoli seri insiti in questa procedura:
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il turista acquista un bell’orologio Rolex e invece di portarlo al suo Paese lo lascia qui ad un amico, che ha comprato invece un Rolex contraffatto. Quest’ultimo sarà mostrato in Dogana, confidando bella ressa e della inesistente possibilità di verifica approfondita da parte del funzionario. Così può avvenire per le borse e per tanti altri prodotti. Molto troppo semplice,
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come più volte detto la procedura prevede l’esibizione degli oggetti per cui si chiede lo sgravio alla dogana. Questo avviene al momento dell’imbarco e i beni possono essere portati a mano o spediti nel bagaglio appresso. In questa frequentissima seconda ipotesi i beni vengono mostrati al funzionario e poi messi nella valigia e presentati al chek-in. Nulla impedisce che in questo tragitto il bene venga dato all’amico che ha accompagnato il turista e riportato in città. Si è cercato di ovviare a questo grave pericolo mettendo il nastro trasportatore bagali all’interno dell’Ufficio doganale, ma sono solo poche eccezioni non la regola. D’altra parte nel sito dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli di Stato tra le informazioni relative alla procedura del 38 quater è scritto “È bene ricordare che la merce deve essere sempre esibita all’Ufficio doganale: se il viaggiatore intende introdurla nei bagagli affidati al vettore aereo, deve recarsi alla Dogana prima di effettuare le operazioni di check-in”. Dal momento del timbro al check-in il bene può così facilmente prendere qualsiasi strada;
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la frequentissima poca precisione delle fatture relativamente alla qualità, quantità e genere può permettere lo scambio di beni con beni simili come in parte accennato già sopra;
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Il mancato rispetto delle disposizioni dell’articolo 38 quater di fatto non prevede sanzioni se non la mancata vidimazione della fattura. Il rischio è quindi inesistente, al massimo si paga l’IVA sul bene acquistato;
CONSIDERAZIONI FINALI
Non a caso ho chiamato il 38 quater “un caso”. Come visto evadere, eludere è facile, con scarso interesse finora della Politica e delle Amministrazioni che hanno lasciato in piedi norme e procedure vecchie e piene di buchi. Negli altri Stati, Francia in primis – programma Pablo – il sistema è stato informatizzato e sono stati creati programmi ad hoc. Si spera lo stesso avvenga… perché si parla di IVA!