Scheda sintetica di Gabriele Pazzaglia
Con un certosino taglia e cuci in 4 diversi testi di legge il referendum modifichgerebbe l’ordinamento giudiziario impedendo il passaggio dalla funzione di giudice a quella dell’accusa (il PM).
È una vecchia battaglia berlusconiana secondo cui la separazione delle carriere impedirà “l’uso politico della giustizia” o “l’oppressione giudiziaria” secondo espressioni che abbiamo sentito spesso ricorrere nel dibattito degli ultimi 30 anni. Anche questa volta faccio parlare i numeri per capire l’entità del fenomeno davanti al quale siamo. I dati ufficiali del CSM1, mostrano che negli ultimi 13 anni sono passati dal ruolo di giudice a quello di accusa, e viceversa, 750 magistrati, cioè circa 60 l’anno su 9.000.
Un fenomeno molto ridotto quindi, dovuto probabilmente al fatto che, dal 2006, il cambio di ruolo impone di cambiare anche distretto giudiziario (in pratica la regione). Si può davvero pensare che davanti a questi numeri, il passaggio di funzioni sia davvero la causa di tutti i mali? Che eliminando questa possibilità la Giustizia sarà giusta ed offrirà un servizio efficiente? Ovviamente non è questo il punto, in ballo c’è ben altro. Basta riallacciare i fili di quanto detto e successo negli ultimi anni per ricordarsi che l’area politica cui appartengono i proponenti, e non solo, non ha mai fatto mistero che l’obiettivo a lungo termine sia il ridimensionamento dell’indipendenza del pubblico ministero per farlo rientrare sotto la sfera del potere politico. Anzi, è stato ufficialmente proposto da qualche governo passato come dimostra questa proposta di legge.
Nel dibattito pubblico però non si è mai raccontato il motivo di questa indipendenza, del fatto che il PM rientra pienamente nell’ordinamento giudiziario e non ha alcun vincolo, nemmeno può ricevere direttive generiche dal Governo. Il motivo è che prima della Repubblica, e in particolare sotto il fascismo, il PM è stato usato come uno strumento di repressione politica. Già, proprio perché il PM era subordinato al Governo, cioè alla politica, si faceva – ma guarda un po’ – un uso politico dell’accusa penale. Non a caso l’indipendenza del PM oggi è garantita anche in Spagna e Germania, nazioni che condividono con noi un passato fascista. Quindi siamo davanti al solito argomento furbetto che scambia la causa del problema con la sua soluzione. Per evitare un millantato uso politico della giustizia, si politicizza l’accusa. Lo scopo è chiaro e mai negato: non fare certi processi.
Questa norma non li impedirà, chiaro, perché l’unico risultato immediato sarà che quei 60 che oggi ogni anno vanno a fare il giudice dopo aver fatto il PM, e viceversa, si rassegneranno e rimarranno al loro posto. Ma si legittimerà un obiettivo che mette in discussione una delle garanzie oggi offerte dalla Costituzione, che l’accusa sia formulata (o no) da un PM che non prenda ordini dal Governo.
- dati tratti elaborati dall’Ufficio statistico del Consiglio Superiore della Magistratura, pubblicati in La mobilità della magistratura italiana sul territorio dal 1965 al 2018 di Maria Filomeno, Irene Rocchetti disposibile a questo link [↩]