di Carla Barducci
Scartabellando tra vecchie carte ho trovato una Repubblica del 25 luglio 2007 che annunciava l’interessamento di Air France all’acquisto di Alitalia. Il titolo subito volava in borsa al 4,4, per cento, nonostante che per la Borsa fosse stata una giornata nera.
Evidentemente l’idea è subito piaciuta agli azionisti. Ma, specifica l’articolo, sono le incertezze della politica a pesare sulle scelte strategiche della compagnia…
Sono mesi che, volutamente, non parlo di Alitalia, per tanti motivi.
Lavoro a Fiumicino, non in Alitalia, dal 1987, ed aver vissuto da vicino il fulgore prima, e la disfatta poi di una delle compagnie aeree più prestigiose del mondo, è una cosa che mi ha sempre causato un forte dolore. Disfatta dovuta alla totale irresponsabilità della nostra classe politica.
Ingenuamente mi sono battuta negli anni passati, con tutti i mezzi che avevo per cercare di far capire a politici, giornalisti, sindacalisti, che l’aver costituito un secondo hub a Malpensa, il cosiddetto aeroporto nel deserto, era una follia, e lo dimostravano i fatti: Alitalia era entrata in una profonda crisi da cui non si vedeva la via d’uscita; Fiumicino e il suo indotto viveva anni drammatici, con l’abbattimento di numerosi posti di lavoro; quasi tutti i giorni sfilava un corteo di questa o quella categoria per le vie dell’aeroporto, ma era come parlare nel paese dei sordi, e i media ignoravano il tutto.
All’epoca nessuno, nessun sindaco, o presidente di regione, politico, o sindacalista disse una parola. Nessuna testata giornalistica, nessun TG se ne occupò. Lasciandoci da soli, a vivere in prima persona o ad assistere impotenti allo sfacelo di una fetta importante di economia italiana. Nessuno parlò di moratoria o di ammortizzatori sociali.
Il trasferimento era stato un regalo alla Lega e dunque bisognava tacere.
Assistere poi alla carneficina mediatica, durante l’ultima campagna elettorale, di cani famelici, quali sono i nostri politici, mi dava il voltastomaco; da anni l’Alitalia ha i problemi che l’hanno portata alle soglie del fallimento, ma solo ora sembravano accorgersene i vari Maroni, Moratti, Formigoni & c. Pensavo che tutto si commentasse da sé.
La comparsa dei francesi a molti di noi sembrò un miracolo. A chi non pensa che l’italianità sia un valore, anzi! Alla maggior parte dei lavoratori Alitalia che intravedevano, per la prima volta, uno spiraglio per il loro futuro. Ma soprattutto i cittadini italiani, una volta tanto, non ci avrebbero dovuto mettere i loro soldi!
Questa soluzione piaceva proprio a tutti, tranne che a una certa parte politica.
Il nuovo presidente della compagnia, Maurizio Prato, a settembre 2007 diceva che Alitalia è in stato comatoso, ma nessuno ne prende atto (Sole 24 ore – 25.9.07), i tagli a Malpensa sono una scelta obbligata, visto che la compagnia per portare i passeggeri ad imbarcarsi allo scalo lombardo sostiene perdite tra i 150 e i 200 milioni l’anno, sottolinea inoltre che alla compagnia serve un partner internazionale, altrimenti non può competere con i poli Lufthansa/Swiss, Air France/Klm, British/Iberia.
Con i primi mesi del 2008 iniziano le trattative con Spinetta, il presidente di Air France e tutto sembra volgere al meglio. Prato, che deve essere persona di buon senso, inoltre fa quello che nessuno in molti anni aveva avuto le palle di fare: decide il rientro di alcuni voli su Fiumicino da Malpensa.
A questo punto si scatenano le ire dei leghisti del nord, che al solito, trattano Roma da ladrona, questa volta riguardo allo scippo di posti di lavoro dallo scalo lombardo, urlando ai quattro venti che così facendo Malpensa cadrà in una profonda crisi.
La verità è che nel 2000 era accaduto l’esatto contrario, e la differenza sta nel fatto che allora tutto passò sotto silenzio.
Ma nessun giornalista si prenderà la briga di ricordare questo semplice fatto. Nessun Santoro, nessun Floris.
Insomma, ignorate per anni e da tutti, le sorti disastrose di Alitalia, ora che qualcuno si sta interessando all’acquisto con un concreto piano di ristrutturazione, ora che qualcuno mette la parola fine alla presenza dei due hub, c’è chi si fa prendere da crisi isteriche invocando ragioni patriottiche.
Chiedono irresponsabilmente moratorie al trasferimento. Ad Anno Zero Maroni, chiede di rimandare ad ottobre lo spostamento dei voli a Fiumicino, confermando così quello che diceva Prato, e cioè che nessuno sembri prendere atto che Alitalia è ormai un malato terminale e il fallimento è alle porte. Alitalia adesso perde 3 milioni di euro al giorno.
La Moratti annuncia una richiesta alla compagnia di un risarcimento da parte della SEA (la società aeroportuale che gestisce Linate e Malpensa), della cifra astronomica di 1,25 miliardi di euro, e a chi le chiede se si rende conto che una simile pretesa, qualora venisse accolta, potrebbe essere rovinosa per Alitalia, la sua risposta è: Su Malpensa non cediamo, la compagnia può anche fallire…
(Repubblica – 18.3.08).
Finalmente qualcuno dice la verità su Alitalia, che tradotto in romano suona più o meno così: a noi di Alitalia, nun ce ne po’ fregà de meno!
Molti italiani, a dire il vero, lo avevano intuito.
Ma, ahimè, si avvicinavano le elezioni, e per la campagna elettorale si presenta troppo appetitosa la chance di usare Alitalia per guadagnare voti al nord, promettendo di togliere il maltolto a quella ladra di Roma.
Inizia così lo starnazzare scomposto di Berlusconi che annuncia cordate italiane ogni giorno, nel nome della salvaguardia dell’italianità facendo nomi (Banca Intesa, Benetton, Toto, Consorte…) che puntualmente il giorno dopo smentiscono il loro interessamento all’acquisto. Addirittura per l’occasione, tira in ballo i propri figli, come possibili acquirenti.
A me sembrava proprio un incitamento alla malagestione di Alitalia ma, come al solito, tutti tacciono.
Le trattative sono proseguite nonostante tutto e, a dire il vero, ogni tanto mi sono chiesta quanta pazienza dovessero avere i francesi, viste le condizioni generali di un Paese che stava facendo di tutto per mandare all’aria qualsiasi progetto teso a salvare il salvabile, e dove c’era da fare poco gli schizzinosi, date le condizioni disastrose di Alitalia.
Come volevasi dimostrare, dai e dai ce la fanno: Air France è scappata via, e a dare una bella mano a Berlusconi e alla Lega sono i “nostri” sindacati i quali pur di contare ancora un po’, e far sentire che anche loro ce l’hanno duro, sono disposti a far fallire Alitalia.
Il “muoia Sansone con tutti i Filistei” non piace ai Filistei/lavoratori che indicono proteste contro chi li avrebbe dovuti rappresentare e tutelare (quando si capirà che il sindacato non protegge e non rappresenta più nessuno?), ma oramai il danno è fatto, e quella che poteva essere un’occasione per la nostra compagnia di bandiera, a costo zero per gli italiani, è sfumata irrimediabilmente.
Un’ora dopo si dimette Prato, affermando: “questa azienda ha una maledizione, solo un esorcismo può salvarla!”
A Prato forse sfugge che è l’Italia intera ad aver bisogno di un esorcismo.
A tutti noi restano le ceneri di una compagnia aerea e, ora che il campo è sgombro da investitori stranieri, (poi parlano di liberismo!) aspettiamo la cordata italiana che ancora non compare. A parte qualche nome rassicurante buttato qua e là, come Ligresti, Toto, Tronchetti Provera, Banca Intesa.
Berlusconi a questo punto chiede e ottiene un prestito ponte di 300 milioni di euro, da restituire entro il 31 dicembre 2008. Al momento a fronte di nessun piano operativo.
Trecento milioni di soldi nostri.
E’ matematico che Alitalia non potrà restituire tale somma alla fine dell’anno. Poco male! Bruxelles, sempre se darà il nulla osta per il prestito, ci infliggerà una penale, che si andrà ad aggiungere a quella per Rete 4 che occupa abusivamente le frequenze che appartengono a Europa 7 quella per l’eccesivo numero di spot pubblicitari in TV, quella che incombe per i rifiuti della Campania, e per l’emissione dei gas serra, e molte, molte altre. Sono sempre soldi nostri.
Dunque, salvare la compagnia di bandiera, e i lavoratori che ne fanno parte a costo zero per gli italiani non è stato possibile; va bene invece tirare fuori dalle nostre tasche, ormai vuote, una bella somma che, per ora, sembra solo servire a prolungare l’agonia di Alitalia per qualche mese.
A tutt’oggi nessuno sa chi la rileverà e quale piano di ristrutturazione verrà attuato. Un investimento di soldi pubblici al buio.
Pensavo che tutto questo si commentasse da sé. Invece i politici artefici di questo sfacelo, hanno vinto le elezioni.
Non ci resta che prendere esempio dal dr. Vincenzo Barlotti, il quale ha chiesto allo stato italiano due milioni di euro di danni per l’alta sofferenza, il disordine e il degrado in cui è costretto a vivere, per l’inciviltà degli italiani.